Secondo l’impostazione accusatoria, l’interessato (attualmente detenuto presso il carcere di Bari) aveva accumulato un immenso capitale - suddiviso in beni immobili, compendi aziendali, beni di lusso e conti correnti vari - in conseguenza della propria attività illecita legata essenzialmente a rapine in danno di portavalori, tir e furti ai bancomat.
Gli accertamenti patrimoniali, avviati nel dicembre 2019 dalla Procura della Repubblica di Trani, poi approfonditi dalla Procura della Repubblica di Bari – che ha richiesto il sequestro dei beni nonché seguito tutte le fasi successive – hanno consentito di verificare gli acquisti, le costituzioni aziendali e le movimentazioni finanziarie dell’interessato e della sua famiglia nell’ultimo trentennio. L’attività investigativa ha evidenziato non soltanto l’elevata pericolosità del proposto ma anche e soprattutto l’illecita provenienza dei capitali, attraverso i quali il 58enne pregiudicato era riuscito a costituire il suo impero.
Il patrimonio, sottratto definitivamente alla disponibilità dell’interessato e della sua famiglia, è infatti costituito da 119 terreni agricoli - per un’estensione totale di oltre 530 ettari, 3 aziende agricole, 23 veicoli di cui 6 automobili (compresa una Porsche Panamera), disponibilità finanziarie varie e ben 29 immobili (appartamenti, ville, locali commerciali, capannoni industriali), tra cui figura sia l’immenso autoparco di via Canosa 400 in Andria sia il c.d. “Castello”, ovvero l’abitazione residenziale divenuta simbolo della caratura dell’interessato, che da sola ha un valore stimato di circa tre milioni di euro.
L’odierno provvedimento è stato emesso dalla 2^ Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione che, ritenendo inammissibile il ricorso presentato dalla difesa di Magno Giuseppe, ha pienamente accolto la proposta della Procura della Repubblica di Trani, formulata sulla base degli accertamenti patrimoniali effettuati dal Nucleo Investigativo di Bari - Sezione specializzata per il contrasto ai patrimoni illeciti accumulati dalla criminalità, che ha ricostruito sia la carriera delinquenziale del proposto sia gli introiti dell’intero nucleo familiare e fornito un corposo quadro indiziario in ordine all’illecita provenienza della sua ricchezza, accumulata negli ultimi 30 anni e che costituisce il compendio di gravi reati contro il patrimonio.
L’importantissimo risultato odierno - frutto della sinergia di intenti tra la magistratura e le componenti investigative - conferma l’importanza strategica della lotta ai patrimoni illeciti accumulati dalla criminalità, sia comune sia di tipo associativo. I profitti e le ricchezze ottenuti attraverso i traffici criminali, infatti, vengono costantemente sottratti all’economia reale attraverso operazioni di reimpiego in attività apparentemente lecite.