Venerdì, 09 Agosto 2024 08:59

Andria. Carabinieri confiscano beni per oltre 300 mila euro.

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Questa mattina i Carabinieri del Comando Provinciale di Bari, a conclusione dell’attività investigativa che aveva già portato alla confisca di un patrimonio di un milione di euro, hanno eseguito un ulteriore decreto di confisca penale diretta, emesso dalla Corte di Appello III^ Sezione Penale di Bari su richiesta della Procura Generale della Repubblica di Bari, a carico dello stesso Fratepietro Carmine, cl. 78, pluripregiudicato, a seguito delle condanne subite per riciclaggio, ricettazione, rapina e porto illegale di armi.

Il valore del patrimonio sottratto alla disponibilità dell’interessato, formalmente intestato alla compagna, è stimato in oltre 300 mila euro ed è rappresentato dagli arredi lussuosi rinvenuti all’interno delle due ville già sottoposte a confisca lo scorso 9 luglio, ubicate in agro di Andria.

Il provvedimento odierno emesso dalla Corte di Appello di Bari accoglie completamente la proposta della Procura Generale della Repubblica di Bari, la quale, in considerazione delle condanne definitive dell’indagato, ha formulato detta richiesta sulla base della preliminare attività eseguita dal personale del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari, distaccato presso la citata Procura Generale e di ulteriori accertamenti patrimoniali effettuati dalla Sezione specializzata del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Bari (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa) che hanno ricostruito gli introiti dell’intero nucleo familiare, fornendo così un corposo quadro probatorio in ordine alla provenienza illecita della sua ricchezza e che costituirebbe il compendio soprattutto di rapine in danno di portavalori.

L’operazione, eseguita sulla base della previsione normativa dell’art. 240 bis c.p. commi 1 e 2, ha colpito, per equivalente, anche i beni che il Fratepietro risulta possedere in misura sproporzionata ai redditi dichiarati.

Fratepietro Carmine, in particolare, è noto per aver fatto parte del commando paramilitare composto da circa 10 persone che il 29 febbraio 2016 assaltò un furgone portavalori, sulla strada statale 16 nei pressi di Trinitapoli, che trasportava circa 3 milioni di euro destinati ad uffici postali ed istituti di credito. Il colpo, che durò appena 5 minuti, fruttò al gruppo criminale “solo” 725 mila euro, perché entrò in funzione il congegno di sicurezza che saturò il vano di carico con una schiuma. I malviventi si garantirono la fuga occupando le vie di accesso al luogo della rapina con auto e mezzi pesanti rubati ed incendiati nonché asfaltando la strada con decine di chiodi artigianali a quattro punte.

E’ stato anche condannato per aver partecipato, il 4 dicembre 2016, insieme ad altre 15 persone, nel comune di Caraffa (CZ) e con il “benestare” delle “ndrine” calabresi, all’assalto presso il caveau di una società di vigilanza del luogo, con l’utilizzo di una ruspa dotata di martello pneumatico che consentiva di rubare 8,5 milioni di euro.

Ed ancora è stato condannato per un altro assalto ad un furgone portavalori, avvenuto il 19 ottobre 2015 a Bari, nei pressi della strada statale 16, dove insieme a 15 individui, travisati ed armati kalashnikov, asportavano centinaia di migliaia di euro da un furgone diretto alla Banca d’Italia per depositare il denaro prelevato da diversi istituti di credito.

L’importante risultato odierno - frutto dell’attività condivisa della magistratura e delle componenti investigative specializzate nello specifico settore delle indagini patrimoniali - rappresenta una conferma ulteriore che l’azione di contrasto alla criminalità organizzata, non solo va perseguita attraverso un’assidua opera di prevenzione e repressione ma deve avvenire soprattutto attraverso attente e scrupolose indagini di natura finanziaria e patrimoniale, preziosi strumenti con i quali vanno combattute nuove forme di manifestazioni criminali.

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