L’attività investigativa svolta dai Carabinieri e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, e le relative condanne, conseguono a due fatti di sangue connessi tra loro: l’omicidio di Fabiano Andolfi, già affiliato al clan Anemolo e successivamente transitato nelle fila del clan Capriati, commesso a Bari il 14 gennaio 2018, e il tentato omicidio di Filippo Cucumazzo, uno degli autori materiali dell’omicidio Andolfi, commesso a Bari il 7 giugno 2018.
Le indagini, condotte a seguito dell’omicidio mediante servizi di osservazione controllo e pedinamento, attività tecniche, nonché supportate da diverse dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno consentito di raccogliere gravi indizi nei confronti di Vincenzo Anemolo e Francesco Cascella, in qualità di mandanti, ma anche nei confronti di Filippo Cucumazzo, Domenico Giannini, Donato Maurizio Di Cosmo e Giovanni De Benedictis in qualità di esecutori materiali.
L’attività investigativa ha permesso di inquadrare l’evento nella guerra di mafia tra i clan Palermiti - Anemolo (egemoni nel quartiere Carrassi) ed il clan Capriati, che si stava affacciando nella stessa porzione di territorio.
La matrice dell’evento ha creato, nei giorni successivi all’omicidio, un clima di tensione, da cui consegue il nome dell’operazione, “Alta Tensione”, che ha visto vere e proprie scorrerie armate, finalizzate alla reciproca eliminazione dei membri dei due sodalizi mafiosi coinvolti. La situazione pericolosa ha reso necessari numerosi interventi da parte degli investigatori, come ad esempio l’arresto del 10 febbraio 2018 di Roberto Mele (fratellastro di Fabiano Andolfi che, per vendetta, aveva consumato una rapina a mano armata e si aggirava per il quartiere Carrassi alla ricerca dei suoi nemici) per detenzione di una pistola cal. 9 mm parabellum. A distanza di tre mesi, le fibrillazioni armate nel clan Anemolo hanno reso necessari ulteriori interventi repressivi: nella prima decade del mese di giugno, infatti, Vincenzo Anemolo aveva ordinato l’omicidio di Filippo Cucumazzo che, scampato all’agguato (7 giugno 2018) era stato protagonista di una vera e propria caccia all’uomo finalizzata ad eliminare sia gli attentatori sia il mandante Vincenzo Anemolo. Il 13 giugno 2018 sono stati così arrestati Giuseppe Caputo e Giovanni De Benedictis (già autori del tentato omicidio di Filippo Cucumazzo) sopresi nella disponibilità di una pistola, di un giubbotto antiproiettile, di guanti in lattice e di passamontagna. Il 10 luglio 2018 è stata la volta di Filippo Cucumazzo, arrestato poiché sorpreso nel mentre portava in luogo pubblico una pistola cal. 6,35 mm di provenienza illecita.
Le indagini hanno permesso di contestare agli indagati l’aggravante del metodo e delle finalità mafiose in merito: alla rapina a mano armata commessa da Roberto Mele, all’omicidio di Fabiano Andolfi ed al tentato omicidio di Filippo Cucumazzo, alle rapine a mano armata commesse da quest’ultimo e, il 29 marzo 2021, di eseguire provvedimenti cautelari nei confronti dei sette indagati, oggi condannati in via definitiva.
Le pene inflitte ai tre responsabili oscillano tra i 20 e i 17 anni, per i delitti di omicidio, tentato omicidio, distruzione, soppressione e occultamento di cadavere porto e detenzione di armi, in concorso e tutti aggravati dal metodo mafioso.